A
cura di Alberto Di Mulo
Le
università italiane, rivestono un ruolo fondamentale nella “nascita,
crescita e vita” di ogni persona, in quanto per la maggior parte
dei casi sono vissute a cavallo di una fase di vita che sicuramente è
quella a maggiore assorbimento celebrale, quindi danneggiarne questi
anni attraverso la scelta di una graduatoria di ateneo con parametri
non significativi determinerebbe danni irreversibili nella vita di
ciascuna persona nei due estremi, aspettative di vita in uno e
inadeguatezza nell'altro.
In
merito all'ultima valutazione riportata da quotidiani [1] e non solo, ci
troviamo di fronte a classifiche tra nord e sud che effettivamente
lasciano riflettere.
Da
un lato ci sono le università statali che ricevono finanziamenti che
probabilmente sono più indirizzati alla ricerca che al miglioramento
dell'offerta formativa didattica e servizi, dall'altro le università
private che ricevono meno finanziamenti dal pubblico con un gap di
risorse, che almeno in teoria, dovrebbe essere colmato dai privati,
che contribuendo a potenziare gli standard qualitativi compartecipano
e in qualche caso finanziano totalmente la propria ricerca e meno la
didattica.
Il processo manageriale che si genera, vede coinvolti diversi attori
con obiettivi dettati da indirizzi globali, ma che di fatto, tra gli
obiettivi vede sicuramente l'incremento di fatturato realizzato
utilizzando fondi pubblici-privati disponibili/investiti, la cui
localizzazione di tali risorse, allocate in aziende e multinazionali,
sono più al nord rispetto al sud;
In
questo contesto transitorio, le tecnologie e l'automatizzazione delle
procedure stanno producendo tanta confusione in termini di lavoro
effettivamente da svolgere, oltre a duplicazioni di uffici,enti,ecc,
arrivando giustamente a definire gran parte dei lavoratori
pubblici/privati ammortizzatori sociali senza nessun diritto e
dovere.
La
problematica governativa interconnessa da risolvere, è il ridefinire
il concetto di lavoro e soprattutto trovarne l'equo compenso reale in
un ottica di lungo periodo funzione di opportunità e formazione e
non dei parametri considerati per le valutazioni di ateneo che
attualmente si basano su ambiti funzione dell'attività didattica,
solidità della struttura dei docenti, produzione scientifica,
capacità di garantire puntualità negli studi ed esperienze
lavorative durante il corso di laurea oltre al post laurea che
risulta di carattere puramente soggettivo.
Le
critiche/valorizzazioni e le misure su cui si ritiene dover applicare
degli indicatori universitari dovrebbero essere orientati alla
separazione della didattica dalla ricerca, e del management ridando
valore principale e autorevolezza alla guida su base
tecnico-scientifica, individuando e definendo i parametri del
concetto di “chiara fama” nei ruoli di controllo ed indirizzo.
L'università,
che in quanto tale dovrebbe rappresentare parte dello Stato in quanto
legittimata da esso, con la responsabilità di formarsi i propri
collaboratori garantendoli nel rispetto della odierna costituzione,
ed il suo compito è proprio quello di promuoverne le condizioni
lavorative in un'ottica sistemica e di evoluzione dell'innovazione,
della tecnologia e dei bisogni di profili dettati dal mercato, e
delle variabili di carattere etico e sociale, che tendenzialmente ne
livellano le professionalità oltre che le retribuzioni suddividendo
le responsabilità a più livelli e soggetti.
Pertanto, in base a ciò, si ritengono a parere dello scrivente,
irrilevanti le valutazioni espresse sulle università italiane che
dovrebbero basarsi su elementi economici reali macro-territoriali, in
una concertazione ponderata con i governi a scale differenti, la cui
distribuzione di fondi obiettivamente avviene con grande
sperequazione nazionale facendo riferimento a indicatori che non
dovrebbero, nemmeno alla lontana, costituirne orientamento di scelta
didattica.
Sitografia (es di problematica riscontrata nel web, posta in sede pubblica a mezzo stampa ufficiale)
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